La vera storia di Faraz, il 38enne che si è dato fuoco ad Oderzo
Nadeem Faraz, il 37enne che sabato sera si è dato fuoco dopo che i carabinieri gli avevano notificato la seconda multa in due giorni, è ricoverato al reparto Grandi ustionati del Borgo Trento di Verona, con ustioni di 3° grado sull’80% del corpo.
Nell’ultima telefonata con l’avvocatessa Katia Meda di Oderzo, che segue il pakistano, il medico che lo segue ne ha definite stazionarie le condizioni.
Il gesto del suo cliente ha profondamente scosso la legale che conosce bene la storia del suo assistito e lo stava aiutando a districarsi nell’intricato dedalo della burocrazia italiana in cui si era infilato.
Tutto aveva avuto inizio in Piemonte, dove Faraz era giunto nel 2013.
Il suo nome era finito negli atti di un’indagine per immigrazione clandestina per la quale il pakistano si è sempre proclamato innocente.
Una vicenda che gli ha fatto conoscere anche il carcere e dove gli sono stati riscontrati i primi problemi legati alla depressione.
Per questo era stato seguito in prima battuta in Piemonte e poi, non avendo nessuna tutela sanitaria, non aveva potuto beneficiare di una adeguata cura farmacologica.

Rilasciato e ancora senza cittadinanza, il pakistano aveva trovato ospitalità a Oderzo, dallo zio che lo aveva invitato a seguire il locale K2 Kebab di via Roma.
E proprio qui ad Oderzo è stato raggiunto dalla condanna in 1° grado emessa dal Tribunale di Torino.
Doveva rispettare l’obbligo di dimora che osservava regolarmente presentandosi alla locale caserma dei carabinieri per la firma.
Proprio nel periodo in cui l’avvocatessa Meda lo stava seguendo per le pratiche del permesso di soggiorno, dalla Grecia è arrivata una nuova batosta: un mandato di cattura europeo.
Detta così, sembra di aver a che fare con un super latitante o un delinquente dei peggiori, ma non è proprio così.
La disgraziata storia di Faraz, nel corso del suo peregrinare per raggiungere l’Europa, 10 anni fa lo portò ad arrivare in Grecia, dove fu sorpreso con 4 gr. di droga, stupefacente per un valore di 10 euro.
Una modica quantità che qui in Italia difficilmente avrebbe avuto un seguito, ma in Grecia fu condannato ad 8 anni e 5 mila euro di multa.
Di questa sentenza il pakistano non era nemmeno a conoscenza: a metà del dicembre scorso gli fu notificato il provvedimento e gli cadde il mondo addosso.
L’avvocatessa opitergina ha impugnato l’atto in Cassazione che ha fissato l’udienza per il 24 febbraio.
Purtroppo, questa ulteriore vicenda ha finito per pesare sulla tenuta psichica del 37enne che sia alla legale che ad alcuni commercianti della via ha manifestato le sue intenzione a farla finita.
L’ultimo provvedimento lo aveva recluso in casa, non poteva più uscire.
Faraz abita con lo zio in un condominio di via Roma il cui ingresso si trova a 10 metri dal locale.
Tramite la Corte d’Appello di Venezia, l’avvocatessa Meda era riuscita ad ottenere per lui il permesso di recarsi al lavoro. Allo stesso tempo, partì la ricerca frenetica per l’assegnazione di un medico di famiglia, non avendo il pakistano mai goduto di tutela sanitaria, inquanto mai inserito nel sistema.
Il problema era a quel punto il Green Pass.
Il 37enne voleva vaccinarsi, ma con le restrizioni comminategli non poteva recarsi fuori comune, all’hub vaccinale di Ormelle.
La situazione è precipitata nell’ultima settimana.
Lunedì scorso, i carabinieri hanno permesso a Faraz di recarsi alla vicina farmacia di Piazza Grande per il tampone e il conseguente Green pass valido 48 ore.
Alla sua scadenza, i militari non gli hanno rinnovato l’autorizzazione.
La fragilità del 37enne è crollata davanti al bivio: rimanere confinato a casa o andare a lavorare per potersi pagare affitto e sostentamento, rischiando la multa?
Nel frattempo, lunedì gli era stato assegnato il medico di famiglia che doveva recarsi a casa sua per iniettargli la prima dose.
Venerdì sera i Carabinieri gli hanno fatto visita, comminandogli la prima multa da 420 euro.
L’avvocatessa Meda, subito contattata da Faraz, lo aveva tranquillizzato “lascia da parte le multe che le impugnamo”.
Sabato nel tardo pomeriggio è arrivato il medico e lo ha sottoposto a prima dose.
Mezz’ora dopo sono ripassati i Carabinieri.
Vaccinato sì, ma certificato non ancora disponibile e così Faraz si è trovato di nuovo in fallo.
A quel punto ha messo in atto il suo piano.
La bottiglia di benzina era pronta, ha mandato un messaggio all’avvocatessa e poi si è dato fuoco in strada.
Ora è su un letto della terapia intensiva di Verona.
Una drammatica quanto triste vicenda la sua, nella quale la fragilità dovuta alla depressione è crollata di fronte all’implacabile burocrazia italana.
L’Italia non è un paese per …..Faraz
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