Nel 2024 nessuna fusione tra comuni: il 51% dei Comuni del Veneto ha meno di 5.000 abitanti, ma i progetti sono pochi

I percorsi di fusione tra Comuni in Italia hanno subito un forte rallentamento negli ultimi anni e nel 2024 nessun referendum per l’aggregazione tra Municipi è stato approvato.
Complessivamente, nel nostro Paese, secondo i dati raccolti dalla Fondazione Think Tank Nord Est, si sono tenuti 274 referendum per la fusione tra Comuni: 150 sono stati approvati, pari al 55% del totale. Il numero maggiore di consultazioni si è tenuto in Lombardia, dove sono state 64, con una percentuale di successo del 53%. In Trentino Alto Adige ci sono stati 47 referendum, approvati nel 62% dei casi.
In Toscana la quota di successo è del 41% su un totale di 34 consultazioni, mentre in Veneto ha avuto esito positivo il 52% dei 33 referendum indetti.
I percorsi di fusione sono stati stimolati dall’introduzione e, successivamente, dal rafforzamento degli incentivi statali. In seguito l’interesse per le aggregazioni si è affievolito ed infatti ne sono state realizzate solo 9 dal 2019 in avanti. Eppure, il quadro regolativo statale è ancora particolarmente favorevole ai processi aggregativi: ai Municipi che decidono di mettersi insieme spetta l’erogazione, per un periodo di 15 anni, di un contributo pari al 60% dei trasferimenti statali 2010, fino ad un massimo di 2 milioni di euro. A queste risorse si aggiungono ulteriori incentivi di livello regionale, come l’erogazione di trasferimenti straordinari, di contributi per gli studi di fattibilità, oppure l’assegnazione di priorità per l’accesso ai bandi.
Tuttavia, oggi, nonostante i cospicui incentivi a disposizione, i percorsi di aggregazione in corso sono molto pochi, soprattutto a fronte della frammentazione amministrativa del nostro Paese.
In Italia, infatti, ci sono 7.896 Comuni, il 70% dei quali ha meno di 5.000 abitanti: in questi 5.519 Municipi vivono complessivamente 9,7 milioni di abitanti, pari al 16,4% del totale nazionale. Sono invece 2.018 i Comuni con meno di 1.000 abitanti (il 25,6%).
In Veneto più della metà dei Comuni (286 su 560, il 51%) ha meno di 5.000 abitanti: in questi territori vivono circa 715.000 persone, meno del 15% della popolazione totale.
In Friuli Venezia Giulia i Municipi con meno di 5.000 residenti sono il 71% (153 su 215), ma ospitano solo il 22,5% degli abitanti (circa 269.000).
“La ritrosia al cambiamento e la paura di perdere la propria identità stanno bloccando il percorso di razionalizzazione amministrativa del nostro Paese, che rimane però necessario per garantire i servizi a tutti i territori – sostiene Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est. Si tratta quindi di creare un consenso diffuso, da parte degli amministratori locali e dei cittadini, alla fusione tra Comuni: questo percorso dovrebbe partire dalla definizione dello statuto del nuovo Ente, che per legge deve assicurare alle popolazioni dei Comuni soppressi adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi.
La fusione si costruisce quindi rafforzando proposte come: l’istituzione di Municipi presso le ex sedi comunali, l’introduzione dei prosindaci o delle consulte municipali per rappresentare i Comuni soppressi, l’apertura di sedi decentrate per l’erogazione dei servizi. “In questo modo – conclude Ferrarelli – si possono rassicurare i cittadini e tutelare le comunità attraverso specifici strumenti di rappresentanza.”
Peraltro, nelle esperienze di fusione già realizzate si osserva che, superati i timori identitari, si possono ottenere numerosi benefici, non solo di natura economica.