Pordenone

Pordenone/Basovizza: le cerimonie per il Giorno del Ricordo

“Siamo orgogliosi di quanto hanno saputo fare qui alla foiba di Basovizza i presidenti Mattarella e Pahor.
Un gesto che ha avuto una valenza europea e internazionale, un segnale importante che speriamo tutti possano recepire.
Purtroppo ci sono ancora studiosi o pseudo studiosi revisionisti, negazionisti, riduzionisti che non fanno un favore al ragionamento libero, minando continuamente la verità.
Quando non c’è verità, non c’è libertà”.

Lo ha affermato oggi il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, in occasione della cerimonia tenutasi al monumento nazionale della Foiba di Basovizza nella ricorrenza del Giorno del Ricordo.

“Quando si raccontano menzogne sui drammi del 900 vissuti lungo questo confine, sul sangue versato su questa terra, le persone – ha sottolineato Fedriga – non sono libere di conoscere, di essere informate e di costruire insieme un futuro di pace”.

“Le istituzioni hanno il dovere, soprattutto verso le future generazioni, di tutelare e di custodire la verità non solo a parole ma attraverso fatti concreti.
Per questo, come Amministrazione regionale, continuiamo a rispettare un impegno che ci siamo presi fin dall’inizio con i cittadini: quello di non collaborare – ha concluso il governatore – con realtà che trovano nel revisionismo la loro ragion d’essere”.

Una riflessione sul Giorno del Ricordo arriva anche dalla presidente del gruppo Pd alla Camera, la friulana Debora Serracchiani, presente oggi alla Foibe di Basovizza.

“Ricordare le violenze, le sofferenze e l’indifferenza subite dagli esuli Istriani, fiumani e dalmati significa confermare che sono parte indissolubile della nostra storia, che le loro ferite sono state inferte a tutto il popolo italiano.
La guerra fece tante vittime innocenti, ma qui su uno dei più tormentati confini d’Europa si è accumulato più odio di quanto sia sopportabile, contrapposizioni stratificate di rivendicazioni nazionali, ideologie e intolleranze.
Non c’è e non ci dev’essere oblio né superamento: le foibe sono state un orrore metodico, la paura è stata strumento di sgombero di città e villaggi.
Il Giorno del Ricordo è stato istituito perché le Istituzioni dovevano colmare un vuoto colpevole e il lavoro che stanno facendo è semplicemente giusto. Inique sono le strumentalizzazioni di chi lo usa politicamente, resuscitando odio dove si deve costruire pace. Ringraziamo il presidente Mattarella che ci conduce sulla strada del rispetto e della pace”.

“La giornata che celebra il ricordo della tragedia delle Foibe, dell’esodo giuliano, istriano e dalmata sia un momento di memoria e riconciliazione”.

Lo affermano i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle del
Friuli Venezia Giulia, in una nota.

“La solennità di questa giornata testimonia la vicinanza di tutte
le istituzioni e dei cittadini alle vittime, in un’occasione importante di divulgazione della conoscenza storica della complessa vicenda del confine orientale.
Condanniamo fermamente gli atti vandalici, i messaggi e le scritte che mirano a infangare la memoria di vittime innocenti, concludono gli
esponenti pentastellati, invece di fornire un contributo alla riflessione”.

A Pordenone, nella sede dell’ex Provincia, autorità pubbliche e civili, studenti e cittadini, tra i gonfaloni delle istituzioni e i labari delle associazioni combattentistiche e civili, si sono riunite per celebrato il Giorno del Ricordo per richiamare una volta di più l’attenzione sui fatti risalenti ai giorni immediatamente successivi all’otto settembre del 1943, data a partire dalla quale si susseguirono eccidi, deportazioni, soprusi, torture, infoibamenti; un genocidio perpetrato a danni di famiglie italiane residenti da secoli nei territori allora italiani, oggi di Istria, Fiume, Dalmazia, esiliati dalle proprie case.

Dopo la deposizione della corona ai piedi della targa che ricorda le dolorose vicende del confine orientale nell’immediato dopoguerra e negli anni successivi, il Sindaco di Pordenone Alessandro Ciriani ha evidenziato il dramma e le tragedie vissute da tanti Italiani istriani, giuliani e dalmati costretti all’esodo, vittime di una vera e propria pulizia etnica, rafforzata da connivenze politiche, ma anche conseguenza dell’ostilità, del disinteresse e della scarsa conoscenza del fenomeno, il più delle volte generata dalla malafede: «Fu una storia per troppo tempo negata e cancellata a causa di condizionamenti politici, ricatti ideologici, pavidità culturali e storiche.

Quello che accadde in quelle terre fu spaventoso e non ammette giustificazionismi, riduzionismi né tantomeno negazionismi: fu una scientifica, cosciente, programmata, brutale operazione razzista di pulizia etnica anti italiana ispirata all’ideologia comunista.
E alla pulizia etnica seguì una – oggi incomprensibile – contrapposizione ideologica che, come triste corollario degli stermini, generò la fuga di 350.000 italiani dalle loro terre.

Si trattò di una fuga dal terrore ma anche uno straordinario gesto di italianità.
L’esodo svuotò una terra che da duemila anni parlava di Roma, di Venezia, di Italia: dalle italianissime Fiume, Zara, Rovigno, Capodistria, Pola se andarono 130 mila abitanti su una popolazione complessiva di 140 mila.
Tali fatti sono parte integrante di una strategia pianificata, che aveva come elemento principale l’eliminazione degli Italiani».

E ha ricordato che «noi siamo Italiani e, come Italiani, non possiamo che sentirci popolo e stringerci fraternamente a tutti quegli Italiani ingiustificatamente, ingiustamente e crudelmente perseguitati, torturati, umiliati, assassinati».

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