Veneto

Pronta la controreplica di Zaia e Regione Veneto alle accuse lanciate dalla trasmissione Report Rai e il senatore Crisanti

“Riteniamo necessario, doveroso, stabilire una serie di punti fermi a difesa di chi ha
lottato con il Covid per lunghi anni, prendendo decisioni che anche i più autorevoli
organi a livello nazionale e internazionale hanno decretato corrette, a tutela dei
professionisti della sanità e del mondo accademico che li ha affiancati. Lo facciamo
dal punto di vista scientifico, senza entrare nel merito della comunicazione politica, ma
dicendo con chiarezza che quanto espresso anche quest’oggi dal Senatore Crisanti non
rappresenta la realtà delle cose”, rende noto la sanità della Regione Veneto, per voce
del dott. Gianluigi Masullo, direttore generale (facente funzioni) della sanità regionale.

“La strategia della Regione del Veneto, tesa al perseguimento dell’obiettivo ultimo di
prevenire il più possibile contagi, ricoveri e decessi, si è sempre fondata, fin dalle
prime fasi dell’emergenza pandemica, su indicazioni tecnico-scientifiche di livello
internazionale e nazionale. Il cardine della strategia regionale è sempre stato
l’individuazione precoce di tutti i possibili soggetti positivi al SARS-CoV-2, anche
asintomatici, per l’adozione tempestiva delle misure di sanità pubblica.”, prosegue
Masullo, sentita la direttrice del Dipartimento di Prevenzione, la dott.ssa Francesca
Russo.

È bene ricordare che nei periodi più critici della pandemia la massima capacità dei
test molecolari era di 23 mila unità al giorno. A fronte di una richiesta di prestazioni
che arrivava ad oltre 170 mila tamponi al giorno: considerati 30 mila ospiti case di
riposo, 54 mila ai dipendenti della sanità, cui si aggiungevano tutti i ricoveri e gli
accessi nei Pronto Soccorso. E, ovviamente, quelli richiesti dal resto dei cittadini
veneti. Prendendo ad esempio il 15 gennaio del 2022 sono stati effettuati 24.832 test
molecolari e 164.189 test antigenici. Con un numero di positivi di 13.094 persone, la
maggioranza dei quali emersi proprio dai test rapidi. Cosa sarebbe accaduto se non
fossero stati effettuati?

“Negli scenari più impegnativi, è stato possibile estendere la protezione della
popolazione rafforzando l’attività di contact tracing, grazie alla contestuale
introduzione, accanto ai test molecolari e non in loro sostituzione, dei test antigenici
rapidi, che sono stati utilizzati nel rigoroso rispetto delle indicazioni di utilizzo
internazionali e nazionali. Una scelta basata su precise indicazioni non certo regionali,
ma dell’Istituto Superiore di Sanità, del Ministero della Salute e adottata anche a tutti i
livelli delle principali istituzioni internazionali, a partire dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità. Tamponi utilizzati da tutto il mondo, autorizzati dall’AIFA a seguito
anche di trial scientifici pubblicati dal Lancet 1 ”, proseguono i dirigenti, che
specificano, “l’unica decisione adottata in piena autonomia avvenne il 21 febbraio
2020, quando il Presidente Regionale in totale autonomia, contro i pareri del mondo
scientifico, decise di effettuare i tamponi all’intera cittadinanza di Vò Euganeo,
decretando l’istituzione della zona rossa”.

“Voler far passare il concetto che i test antigenici hanno addirittura favorito la
mortalità e che non siano stati utili nel completamento degli screening appare davvero
un vilipendio alla professionalità dei tanti autorevoli esperti che hanno impegnato tutte
le loro energie e le loro conoscenze per assicurare le miglior tutela possibile alla
popolazione del Veneto. E lo stesso Senatore – che ricordiamo essere a tutt’oggi
membro del Comitato Scientifico Regionale istituito con funzioni di indirizzo per i
provvedimenti di sanità pubblica riguardanti il Covid, del quale il citato dott. Roberto
Rigoli non è mai stato membro – potrebbe trovare molte risposte nella letteratura
scientifica che ha studiato lungamente quanto fatto in Veneto”, si aggiunge.

“Risulta utile in tale senso citare, a ulteriore conferma dell’efficacia della strategia
regionale, che in marzo 2022 è stato pubblicato, sulla prestigiosa rivista scientifica
internazionale Lancet, uno studio che ha analizzato l’eccesso di mortalità durante
l’intero periodo della pandemia da COVID-19 nei diversi paesi del mondo, dal titolo
“COVID-19 Excess Mortality Collaborators. Estimating excess mortality due” to the
COVID-19 pandemic: a systematic analysis of COVID-19-related mortality, 2020-21 2
. Tra le altre cose, infatti, lo studio, per il contesto italiano, riporta il dato di ogni
singola Regione/Provincia Autonoma. Per l’Italia è stato calcolato un eccesso di
mortalità pari a 227,4 (212,0 – 242,5) ogni 100mila abitanti mentre per il Veneto pari
a 177.5 (164.0 – 190.7), tra i valori più bassi tra tutte le Regioni. Tale dato,
congiuntamente con il rapporto tra eccesso di mortalità per tutte le cause e i decessi
attribuiti a COVID-19, evidenzia chiaramente come la capacità di testing ha
consentito di individuare ed identificare un numero elevato di casi contribuendo a
contrastare la diffusione e limitare il contagio e conseguentemente anche i decessi
che – come anticipato – sono tra i più bassi tra tutte le regioni italiane”. La sanità
del Veneto ha sempre notificato all’organo giudiziario i principali studi e letteratura
sulla pandemia.

“Andrebbe ricordato al Senatore Crisanti che nella pubblicazione di Nature
Communication a firma del team dello stesso Senatore, giunta a pubblicazione dopo
due anni dall’accadimento dei fatti, dopo la revisione attenta degli studiosi inglesi
dell’Imperial College è sparito ogni collegamento, riferimento, ipotesi alla
maggiore mortalità in Veneto provocata dall’adozione massiva di test antigenici
(con supporto dei test molecolari), rispetto alle versioni in pre print. E a validare le
modifiche sono gli scienziati inglesi colleghi dello stesso Crisanti”, si aggiunge.
“Se il linguaggio politico vede talvolta trascendere nei toni, il nostro mondo, quello
della scienza e dei professionisti della sanità non può accettare di essere strumento di
contesa. Ne va dalla credibilità di chi continua a lavorare con il camice e vuol far
sentire la propria voce contro quello che potrebbe apparire un vilipendio
dell’istituzione regionale”, terminano i dirigenti della sanità del Veneto.

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